Bypassare una VPN su Mac OSx.

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Ormai le VPN sono diventate di uso piuttosto comune: esistono moltissimi fornitori di questo servizio, con prezzi per tutte le tasche e tutte le necessità; da quelle gratuite per l’uso più comune come navigare siti, leggere la posta e mandare qualche mail, a quelle a pagamento, per servizi più impegnativi come utilizzo da parte di piccole e medie aziende, con costi che vanno, da pochi euro al mese, sino servizi molto più costosi con divisioni per sotto reti fisiche, a seconda delle necessità dell’azienda.

Non starò a disquisire, in questo articolo, del perché o del perché non, usare una VPN ai nostri giorni, quello di cui voglio parlare oggi invece è la necessità che si presenta a volte di avere una lista di specifici indirizzi che non passino attraverso la VPN. Continue reading →

Gestione protetta dei nostri progetti editoriali.

Un piccolo script, in bash, per editare i nostri libri mantenendoli protetti quando non li usiamo.


Può capitare a chi scrive, specialmente per diletto, di avere il computer in condivisione con altri componenti della famiglia. Oppure avendo spesso l’impulso di scrivere nei momenti liberi, di usare un computer portatile che può restare aperto in zone dove bazzica altra gente.

Può anche essere che abbiamo copia aggiornata del nostro lavoro, in progresso, in un’area in cloud, dove notoriamente non è cosa sana tenere file importanti non protetti.

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Linux on a Mac

 

Come avere un sistema linux su una macchina Apple senza perdere l’oSX già installato a bordo e senza impazzire!!

 

È da diverso tempo, che leggo in giro varie documentazioni che spiegano, tra un artificio e l’altro, come riuscire a sfruttare tutta la potenza di un computer Apple usando al posto del suo sistema nativo, l’oSX, una distribuzione linux.

Ho trovato tantissima documentazione, sia in inglese che in italiano, ma già il fatto che la maggior parte della documentazione risulta essere specifica per una distribuzione o l’altra mi ha fatto spazientire, non parliamo poi delle solite guide scritte, da chissà chi, alla fine delle quali ti ritrovi con una macchina inchiodata con uno schermo nero e doverti reinstallare tutto dal tuo fidato backup, se l’hai fatto, o, e peggio per te se non l’avei fatto, da zero.

Che fare dunque? Mi son chiesto più volte:”Possibile che non esista un modo rapido, ma sopratutto sicuro, per avere una partizione, interna o esterna su chiavetta o disco USB che fosse, senza dover diventare pazzi?”

Una volta per i driver del disco, una volta per i driver video, una volta per driver di rete, fissa o wifi che fosse, insomma in ogni guida manca qualcosa che permetta di poter fare una classica installazione da una ISO pulita e che al primo reboot, una volta premuto il tasto ALT, compaia la selezione “Linux o oSX” da cui poter scegliere?

Cosi mi son messo a pensare in maniera alternativa e un modo l’ho trovato: sicuramente altri l’hanno trovata prima di me, ma pare che nessuno di questi si sia preso la briga di condividere la propria soluzione, quindi andiamo a vedere subito come fare:

Prerequisiti:

 

  • Un sistema oSX, meglio se aggiornato e funzionante regolarmente: non deve essere stato appena installato, l’importante che funzioni regolarmente;
  • Un disco o chiavetta USB con dimensioni sufficienti a contenere il vostro sistema operativo Linux più tutto lo spazio che vi servirà per farci stare i vostri dati e tutti i software che vorrete installarci.
  • una ISO della vostra distribuzione preferita, in questo esempio io installerò una LinuxMint Mate 18.0, ma potete usare quella che vi pare, fosse anche una Gentoo da installare da zero (a patto che sappiate come installare una LFS)!!
  • software VritualBox, con Extention Pack, per oSX già installato.

 

Non serve altro, tutto qui: basta che questi quattro requisiti siano soddisfatti e siete pronti a partire per la vostra installazione.

Chiarisco una cosa prima di proseguire: alla fine della procedura vi troverete in questa situazione:

  1. Avrete ancora il vostro Mac con il vostro oSX, cosi come era prima della procedura: sul vostro Mac nulla sarà cambiato;
  2. Avrete un disco esterno, o una chiavetta USB  che sia, con a bordo tutta la vostra installazione fresca e fumante, pronta ad essere avviata usando il tasto ALT durante un normale reboot. (Di questa cosa parleremo più a fondo verso la fine del documento)

Primo step.

 

Questa è una cosa importante: se avete già installato VirtualBox, assicuratevi di avere l’ultima versione installata, altrimenti rischierete di avere problemi. Se invece la state installando da zero, il problema non si pone, visto che quando la scaricherete da questo link avrete l’ultima versione per forza di cose!!

Appena installato VirtualBox consiglio, per avere i driver anche per USB3 ed altre cosette, di installare anche il pacchetto che porta il nome Extention Pack. Lo trovate qualche riga più in basso da dove avete scaricato VirtualBox, per la precisione qui.

Una volta che avrete installato VirtualBox, basterà fare doppio click sull’Extention Pack affinché venga aperto automaticamente da VirtualBox stesso e provveda lui all’installazione.

Quindi ripeto: prima installare VirtualBox; ad installazione terminata installare poi, l’Extention Pack.

Secondo step.

 

Se il disco o la chiavetta sono vergini andate in Applicazioni–>Utilituy ed avviate Utilità Disco. Inizializzate il device su cui volete installare il vostro linux, e create una sola partizione, tanto poi la dovrete cancellare al momento dell’installazione; io l’ho partizionata con il file system  MsDos; ripeto: tanto la cancelleremo una volta avviata l’installazione.

Terzo step.

 

Avviamo VirtualBox e creiamo una macchina virtuale specificando che sarà una macchina Linux del tipo che decidete voi. Quando vi chiederà che disco volete creare date sempre invio accettando le risposte di default. Al momento di specificare la dimensione del disco, date una dimensione che volete, tanto il disco virtuale nemmeno lo utilizzeremo. Fate attenzione a configurare la nuova macchina virtuale come se davvero la voleste installare come una macchina virtuale: memoria per la scheda grafica, scheda/e di rete sia LAN che wi-fi, mouse o tavoletta, io uso un trackball usb ed ho settato un normale mouse e funziona benissimo.

Quello che è fondamentale che sia configurato, pena il fallimento dell’installazione, è il tab delle porte: dovete specificare che sono attive le usb e se solo 2.0 o anche 3.0, altrimenti rischiate che al momento di avviarsi il kernel non veda più l’usb e addio caricamento della macchina linux appena installata!!!

Questo è lo snap della configurazione della macchina temporanea che ho creato per installare la mia LinuxMint Mate su un disco esterno USB2 da 500GB:

Come vedete l’ho definita come una Ubuntu generica a 64bit, 2GB di ram, 4 processori, 128Mb di ram video, Accelerazione 3D abilitata; sul controller dischi ho il disco virtuale, che non useremo in realtà ripeto, il driver audio proposto di default, la scheda di rete che ho impostato come bridge sulla mia scheda di rete thunderbolt ed infine l’attivazione delle porte USB.  Importantisimo: sulla seconda porta del controler disco, come cd, ho indicato il file ISO della mia distribuzione: se non la indicate, ovviamente non avrete nulla da installare !!

Quarto step.

 

Avviate la macchina virtuale appena creata: chiaramente lasciate partire il sistema in modalità live; una volta avviata la macchina, di solito, sul desktop comparirà una icona da cliccare per avviare l’installazione.

PRIMA di avviare l’installatore andate sul menù Dispositivi->USB di VirtualBox e selezionate l’unità, disco o chiavetta che sia, su cui volte installare linux. Nel mio caso era un disco da 500Gb. Questo passaggio serve a rendere visibile il disco in questione al sistema di installazione: se saltate questo passaggio, quando sarete nella fase di selezione del disco di destinazione per l’installazione di linux non vedrete il vostro disco/chiavetta e dovreste ricominciare tutto da capo.

Nota: Per fare si che il disco sia ‘agganciabile’ al vostro ambiente di installazione, non deve essere montato e disponibile per il Mac. Come sapete quando attaccate un disco esterno il sistema lo ‘monta’ automaticamente. Essendo già ‘montato’ VirtualBox ve lo elencherebbe, ma in grigetto impedendovi di selezionarlo; per cui prima di tentare di agganciarlo, ricordatevi di smontarlo dal Mac cliccando sulla freccia a destra del nome del disco che compare in Finder:

 

Per chi non fosse pratico la freccia a cui mi riferisco è quella nel cerchio rosso.

Solo dopo aver cliccato quella freccia il disco scomparirà dalla lista dischi montati e diventerà utilizzabile da VirtualBox per la vostra installazione.

Quinto step.

 

A questo punto fate partire l’installatore e proseguite come in una normale installazione di linux. L’unica accortezza che dovrete avere saranno le seguenti due:

  1. al momento di scegliere come e dove installare la distribuzione, scegliete il disco giusto, mi raccomando: che non andiate a sovrascrivere il vostro disco Mac (di norma il disco Mac è /dev/sda) !!!
  2. Una volta scelto il disco decidete, come meglio vi trovate, se usufruire del partizionamento automatico da parte dell’installatore o se volete partizionarlo a mano.

Nota: Io, di norma, opto sempre per la seconda possibilità: in questo modo posso mettere l’area di swap in cima; la partizione di boot, che viene letta di norma solo all’avvio ed in caso di aggiornamento del kernel, in fondo; ed in mezzo una, o più, partizioni a seconda del tipo di installazione che volete fare: una partizione unica per tutto, partizioni separate per sistema e utenti utente (/home), una partizione per i dati da scambiare con altre macchine (/dati) e cosi via.

L’unica cosa fondamentale, pena la mancata partenza all’avvio, e ricordarsi di istruire l’installatore affinché installi il GRUB nella radice del disco usato per l’installazione.

Per esempio se usate il disco /dev/sdd con le varia partizioni (occhio: di solito /dev/sda è il disco Mac per cui evitate di toccarlo!!), dovete specificare che GRUB va installato in /dev/sdd e non per esempio in /dev/sdd3 perché quella l’avete dedicata a /boot. Il loader DEVE stare nella radice del disco quindi, nel nostro esempio in /dev/sdd.

A questo punto proseguite con l’installazione sino alle fine. Vi verrà richiesto se volete proseguire a sperimentare il sistema in uso usufruendo del disco live o se volete riavviare per far partire il sistema appena installato: NON CLICCATE ‘RIAVVIA‘ !!!! Vi siete scordati che non abbiamo installato una macchina virtuale classica vero  ??? 🙂

A questo punto resta da verificare se la nostra installazione sia andata a buon fine o meno, quindi:

  • spegnete (NON RIAVVIATE) la macchina virtuale;
  • uscite da VitualBox;
  • uscite da altre eventuali applicazioni aperte;
  • controllate il volume del vostro Mac: se non è abbastanza alto da sentire il ‘boing’ al riavvio, non saremo in grado di capire quando far partire il nostro nuovo disco con linux; 
  • riavviate il vostro Mac;
  • appena sentiamo il ‘boing’, premete e tenete premuto il tasto ALT (quello centrale dei tre in basso sulla tastiera). Io uso sempre quello di sinistra, ma presumo che sia indifferente la posizione del tasto ALT usato se destro o sinistro;
  • mantenete premuto il tasto ALT, (se sollevate il dito riavviate il Mac di nuovo!!!) fino a che compare la schermata di oSX per la selezione del disco da usare per l’avvio e se avete fatto tutto bene avrete tre dischi elencanti; primo: un disco Mac; secondo: un disco di Ripristino per emergenza Mac; terzo: et le voilà: il vostro disco Linux!!
  • Non cercate di usare il mouse in questa fase: ne oSX ne Linux avrebbero ancora caricato il rispettivo driver. Usate i tasti freccia per selezionare il terzo disco e premete invio e attendete: tempo qualche secondo, a seconda che usiate USB3 o USB2 e dalla anzianità del disco USB  (si sa che per fare queste prove di solito usiamo i dischi più vecchi eh eh eh ) e il vostro linux comincerà a sciorinare, sul monitor, le classiche righe di caricamento del kernel ed infine la GUI del vostro DE scelto in fase di installazione.

 

Piccola nota: perché usare VirtualBox e non far partire direttamente il CD di installazione sempre con il sistema Avvio-> Boing -> Pressione tasto ALT ?

Perché cosi i driver video, audio, scheda di rete, scheda wi-fi saranno quelli di VirtualBox e di conseguenza caricati senza fare storie. Chiaro: non saranno il massimo se volete attrezzare una stazione da gioco, ma per un uso Desktop o per sviluppo software, vi garantisco che funziona perfettamente.

Ultima cosa, che dovreste aver già intuito: in questo modo, questa chicca di disco installato con i driver di VirtualBox ,lo potete far partire su qualunque sistema Mac che abbia un età pari o più giovane del vostro; basterà usare sempre il sistema del tasto ALT dopo il ‘boing’ del (ri)avvio!!

E con questo è tutto!!!

Se vi serve qualche altra specifica, scrivetemi pure a jcurto CHIOCCIOLA protonmail PUNTO com e per quello che posso sarò lieto di rispondervi.

Buon divertimento !!

JC

P.S.: se avete, per sbaglio, definito il volume in fase di partizionamento come MBR il sistema di scansione in fase di boot (boot -> boing -> tasto ALT) del Mac non rileverà il vostro disco. Vi restano due soluzioni a questo problema:

  • Ripetete la procedura sopra descritta definendo il boot del disco come EFI;
  • oppure installare reFind, un boot loader che risolverà in un colpo solo tutti i problemi di rilevamento di qualunque sistema operativo in fase di boot.

Di reFind parlerò nel prossimo post.

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Utilizzo di TOR su IP diverso dal primario.

Al giorno d’oggi, può capitare sempre più spesso di aver a disposizione  una connessione con un set di indirizzi pubblici. Che siano quattro o sette, resta il problema, spesso, di come poterli usare se abbiamo una macchina sola. Oggi vi farò vedere come utilizzare un server TOR che utilizzi un indirizzo IP che non sia il primario della macchina. Sto parlando di un ambiente *nux, ma credo che in qualche modo sia possibile anche in windows, ma personalmente non metterei mai alcun tipo di server su una macchina windows, quindi non starò nemmeno a perdere tempo ad immaginare come farlo. 
 
Prendiamo in esempio una situazione: avete la vostra macchina linux che usate come desktop o come server, non importa, e desiderate utilizzare TOR come servuer, indipendentemente se come hidden_service o come relay; quello che non volete è incappare in una situazione come quella riportata in altro post che ho scritto tempo fa a riguarda dell’uso di TOR e l’aver come home banking il servizi di Unicredit. Il post lo trovate qui: http://bulk.jcsh.eu/?p=103 e si intitolava, guarda caso:”Ad Unicredit Web non piace TOR”. 
 
Avendo più indirizzi IP a disposizione il problema è risolvibile, perché quelli di TOR hanno previsto una situazione simile: basteranno un paio di modifiche al file di configurazione torrc ed il gioco sarà fatto. Capiamoci: non sto parlando di una situazione con due schede di rete con due cavi fisici appartenenti a due IP diversi, ma della situazione, ben più comune, per cui abbiamo un cavo ed n IP disponibili. Vale la pena di definire il quadro in cui ci stiamo muovendo: abbiamo una scheda di rete fisica ed, facciamo un esempio, 4 IP pubblici  disponibili.
 
Innanzi tutto dobbiamo sapere che nome logico ha la nostra scheda di rete; ci son diversi modi, ma quello più rapido è aprire la console (da cui faremo tutto) e dare il comando ifconfig. Avremo come risultato qualcosa del genere:

eth0      Link encap:Ethernet  IndirizzoHW 00:0e:a6:ba:ec:80

indirizzo inet:192.168.1.130  Bcast:192.168.1.255  Maschera:255.255.255.0          

indirizzo inet6: fe80::20e:a6ff:feba:ec80/64 Scope:Link          

UP BROADCAST RUNNING MULTICAST  MTU:1500  Metric:1          

RX packets:24277872 errors:0 dropped:216 overruns:0 frame:0          

TX packets:12679995 errors:0 dropped:0 overruns:0 carrier:0

Byte RX:772240782 (772.2 MB)  Byte TX:1004742354 (1.0 GB)         Interrupt:18lo       

Link encap:Loopback locale           

indirizzo inet:127.0.0.1  Maschera:255.0.0.0          

indirizzo inet6: ::1/128 Scope:Host          

UP LOOPBACK RUNNING  MTU:65536  Metric:1          

RX packets:14854 errors:0 dropped:0 overruns:0 frame:0          

TX packets:14854 errors:0 dropped:0 overruns:0 carrier:0         

Byte RX:1533885 (1.5 MB)  Byte   TX:1533885 (1.5 MB)


La voce eth definisce il nome logico della nostra scheda di rete; lo 0 un contatore che parte da zero e che indica quale sia la scheda di rete se ne abbiamo diverse; aveste sulla vostra macchina due schede di rete, trovereste elencata anche una scheda eth1 e così via. Attenzione, aveste anche cinque schede di rete, ma un solo cavo che vi arriva da internet, il metodo resta sempre questo perché non potete collegare un IP virtuale su una scheda fisica: la scheda fisica o c’è o non c’è!! Nel nostro esempio faremo il caso di avere disponibili gli IP pubblici da 155.100.100.1 al 155.100.100.Quindi cominciamo:

  1. Considerando che sicuramente avete assegnato 155.100.100.1 come indirizzo della scheda fisica, assegnamo il 155.100.100.4 ad una scheda virtuale, che chiameremo eth0:1 quindi nel terminale diamo il comando:  sudo ifconfig eth0:1 155.100.100.4 up
  2. installiamo il necessario per avviare il server TOR sulla nostra macchina, uso i domando apt-get perché i sistemi debian based sono quelli più installati. Quindi eseguiamo, sempre nella nostra shell, sudo apt-get install tor tor-geoipdb torsocks. Questi sono i tre componenti base necessari.
  3. Fermiamo il server TOR, perché ancora non è configurato come ci serve, e quindi diamo il comando sudo service tor stop
  4. Apriamo con l’editor di testo che preferiamo, io uso VI, ma NANO come altri vanno altrettanto bene, il file di configurazione di TOR quindi se usiamo VI diamo il comando sudo vi /etc/tor/torrc
  5. Alla riga 103 togliamo il commento e modifichiamola affinché risulti così: OutboundBindAddress 155.100.100.4 
  6. appena sotto questa riga ne inseriamo una nuova ed aggiungiamo: Address 155.100.100.4
  7. usciamo dal nostro editor confermando la modifica e rilanciamo il servizio che avevamo fermato al punto 3, con il comando sudo service tor start
  8. diamo un comando di lettura del file di configurazione ossia sudo tail -f /var/log/tar

Vedrete diverse cose scorrere sullo schermo, ma quello che deve esserci, affinché possiamo essere certi che TOR stia usando l’IP che diciamo noi, è la seguente riga:

[notice] Now checking whether ORPort 155.100.100.4:9001 and DirPort 155.100.100.4:9030 are reachable… (this may take up to 20 minutes — look for log messages indicating success)[notice] Self-testing indicates your DirPort is reachable from the outside. Excellent. May 10 14:32:13.000 [notice] Self-testing indicates your ORPort is reachable from the outside. Excellent. Publishing server descriptor.

A questo punto soltanto, potrete essere certi che TOR stia usando un IP diverso da quello definito per la scheda primaria del sistema della vostra macchina, ed è quello che volevamo.

Buon divertimento. 

P.S: Direte voi: ma è pieno di documenti su come usare OutboundBindAddress: perché scriverci un post. Semplice: perché tanto è vero che è pieno di documenti in google che spiega come usare OutboundBindAddress quanto non se ne trova uno che spieghi che se oltre a OutboundBindAddress non configurate anche la variabile Address corca che funziona !! 🙂

JC

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Osx script per la gestione DNS

Mi è capitato diverse volte di voler cambiare i DNS al volo per i più disparati motivi, e diciamocelo la procedura standard di chiamare Preferenze di Sistema —> Network e poi dover scegliere la scheda che ci interessa e poi cliccare su Avanzate e poi selezionare la scheda DNS e il doversi ricordare che sino alla pressione del pulsante Applica le modifiche non vengono attivate è un po macchinosa, per cui mi sono fatto questi diversi script per le varie situazioni. Chiaramente possono essere modificati senza problemi per configurare il DNS che più ci interessa, io ho impostato negli script il server DNS di google e di OpenDNS per stare sul generico, ma nessuno ci impedisce di configurarne altri.
 
Personalmente la necessità di manipolare i server DNS mi si è presentata usando DNSCrypt. Cosa è DNSCrypt? Un sistema per criptare tutte le richieste fatte ai server DNS. 
L’installazione di questo pacchetto, per quanto mi riguarda almeno, fa parte di una politica di resa difficoltosa da parte di terzi, che sia NSA o i nostri servizi o google o chiunque altro, di farsi gli affari miei quando interrogo un server. 

Chiaramente questa politica richiede altri accorgimenti come l’uso di reti anonimizzate come TOR, ma questo esula dallo scopo di questo post. Potete trovare info aggiuntive sull’uso di reti anonimizzate in questo post del mio blog: http://blog.joevr.org/2012/06/utilizzo-di-tor-favore-della-nosrtra.html

 
Le procedure di cambio parametri di sistema richiedono l’uso di sudo, visto che sono necessari i permessi di amministratore, ma non vi preoccupate se chiamate lo script senza, magari da Finder: al momento di applicare le modifiche, se non avete usato sudo, lo script invocherà, da solo la procedura di autenticazione necessaria.
 
Il file con gli script lo potete troavre qui, il file contiene i due script, uno per la scheda eternte ed uno per la scheda WiFi ed i corrispondenti file MD5
JC
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ownCloud e nextCloud: Limite massimo dimensione file in upload

Dopo aver provato questo sistema di sharing su un mio server in internet, ho trovato un fastidioso problema: quando devo caricare file di dimensioni maggiori di 512Mb il sistema me lo impedisce.

Come prima cosa sono andato a verificare i limiti in /etc/phpX/apache2/php.ini (con X uguale a 5 o 7, dipende che versione usate di php) e per la precisione:

  1. che la variabile upload_max_filesize fosse maggiore di 512mb
  2. che la variabile post_max_size non fosse maggiore di 512mb, ed a dire il vero per un post direi che 128 sarebbero anche più che sufficienti
  3. che la variabile upload_tmp_dir fosse configurata a puntare una dir il cui file sytsem avesse spazio a sufficienza per caricare file delle dimensione massima nel caso in cui la /tmp di sistema non avesse spazio a sufficienza.

ATTENZIONE!!!

Nel configurare upload_max_filesize fate attenzione a NON superare il limite della ram a disposizione: in passato facendolo sono incappato in problemi di crash del sistema di cui non capivo il motivo, in quanto apparentemente non collegato a quel settaggio; ed in ogni caso il massimo consigliabile sarebbe la vostra ram installata diviso 2.

Ricaricato apache, con il classico service apache2 reload, il cambio del valore della variabile upload_max_filesize non sembrava aver risolto il problema:*Cloud continuava a darmi errore nella dimensione massima caricabile dal client: sia locale che da webclient. Dopo aver cercato a destra ed a manca, alla fine ho trovato l’impaccio: cercavo qualche configurazione specifica a 512Mb nella cartella di *Cloud ma non avevo verificato in .htaccess ed è proprio li che sta l’inghippo; apritelo e modificate il valore del settaggio di php_value upload_max_filesize 512M al valore che vi serve, nel mio caso php_value upload_max_filesize 1024M. 

Potete usare anche la notazione 1G come riportato qui: http://php.net/post-max-size.

 

Da questo momento in poi, ha accettato, senza problemi, file sino ad un gigabyte di dimensione direttamente dal client locale.

L’unico problema che non era ancora risolto, stava nel fatto che quando si passa il mouse sulla freccia di caricamento dal webclient continuava a segnalare che la dimensione massima caricabile era di 512MB; questo problema si risolve modificando, sempre in .htaccess, anche il valore di php_value post_max_sizea 1024M.

Non chiedetemi perché, visto che la variabile che determina la dimensione massima è upload_max_filesize: probabilmente un baco che proverò a segnalare a chi manutenziona il programma.

Do per scontato, che fosse chiaro che tutte le modifiche che ho segnalato vanno effettuate nel server dove il demone di onwCloud viene eseguito, e non sul sistema, Linux o Pc o Osx che sia su cui è installato il client 🙂

Sperando che possa essere di aiuto a qualcuno, vi auguro buona giornata.

JC

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Creare regole personali per HTTPSEverywhere

Per creare delle regole personali da aggiungere ad HTTPSEvrywere, in questo specifico sotto TORBundle si procede così:

– Spostarsi sotto la cartella dedicata alla regole aggiuntive dle plugin HTTPSEvrywere ossia: /Applications/TorBrowser.app/Data/Browser/profile.default/HTTPSEverywhereUserRules  

– Creare un file con estensione .xml; il nome dovrebbe, ma non necessariamente, essere lo stesso che utilizzerete nel campo ruleset name= all’interno della regola stessa

– Creare la regola seguendo le istruzioni riportate qui: https://www.eff.org/https-everywhere/rulesets.

– Salvare il file e poi riavviare TorBrowser oppure Firefox o il browser per il quale state scrivendo la regola.

Considerate, in questo esempio, l’accesso al sito (www.)joe.vr.it che non supporta il protocollo https.

        target host=”joe.vr.it />
        target host=”*.joe.vr.it />

 

Praticamente diciamo ad HTTPSEverywhere che nel caso venga chiamato https://(www.)joe.vr.it la chiamata deve essere reindirizzata al protocollo http.

Questo può venir comodo, quando si incontrano siti che non supportano il protocollo https ed  HTTPSEverywhere non riesca a gestirlo da solo.

Le istruzioni qui riportate sono state scritte per TorBrowser su piattaforma Osx, ma possono essere usate tranquillamente sotto qualsiasi browser: il trucco sta sempre nel trovare la cartella HTTPSEverywhereUserRules riferita al browser che state usando, nella struttura del proprio sistema operativo.

A me ha fatto parecchio comodo per diversi siti, spero serva a qualcuno altro!!

JC

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Eseguire X11 su Mac OSX dalla 10.8 in poi

Qualche giorno fa ho installato la nuova versione di OSX, la 10.8: tutto ok, upgrade avvenuto senza problemi e tutto ha funzionato regolarmente da quel giorno, salvo oggi, quando tento di lanciare Gimp per applicare dei watermark a delle foto.
Scopro, confesso con un certo disappunto, che in questa release di Osx il server X11 non è più incluso, indi programmi che lo richiedono non funzionano più !!
Fortunatamente all’avvio di Gimp compare una finestra con una indicazione su questa siutuaizone ed indicando il sito dove scaricare il server Xorg manualmente e successivamente installarlo.
Il sito è http://xquartz.macosforge.org e, all’arrivo nel sito, venite portatati nella pagina landing da dove si può scaricare il file dmg per l’installazione: scaricate, aprite il file ed eseguite il file package che vi trovate dentro, che si chiama XQuartz.pkg; una volta eseguita l’installazione vi viene segnalato che DOVETE eseguire il logout/login affinché il tutto funzioni.
Direte, vabhe serviva un post sul blog per farlo ? Ehhh si !! Perché sin qui tutto nella norma, ma si sono scordati di un piccolo particolare: una volta eseguito il logout/login voi lanciate il vostro programma che richiede Xorg, nel mio caso Gimp, e vi compare una finestra in cui vi chiede di indicargli dove sta il server X11 e qui nascono i problemi. Ho perso un tot per trovarlo perché per qualche motivo anziché installarlo in Applicazioni lo installa in Applicazioni/Utility !
Quindi cliccate il pulsante Browse, in basso a sinistra della finestra aperta in attesa dell’indicazione della posizione del vostro server X11, andate in /Applicazioni/Utility e fate doppio click Xquartz.
Da questo momento in poi tutte le applicazioni che richiedono l’uso del server Xorg lo trovernano da soli.
Sembra una stupidaggine, ma a trovarlo potete perdere un tot di tempo perché a me di cercare in Utility proprio non era passato in mente; e sopratutto cercavo Xorg e non Xquartz !
Buon lavoro a tutti !!

JC